capitolo primoaddio a Bad Mergentheim

Non so se abbiate mai pensato, passeggiando lungo le strade di una città, riempiendovi il naso di odori, gli occhi di forme, luci e ombre, quanto quelle forme per voi strane, nuove, sperimentate per la prima volta in quel preciso momento, siano invece quotidiane e familiari per chi in quelle stesse strade è nato, ha vissuto la propria infanzia, ha dato nome alle mille cicatrici delle cadute dalla bicicletta, per chi ha guardato per giorni e giorni dalla finestra i passi veloci dell’amore del momento, o atteso con l’acquolina in bocca il ragazzo della pizza.

Calpestando marciapiedi, o il muschio di un parco, aspettando il verde al semaforo, ho spesso pensato quanto fosse difficile entrare in sintonia con il mondo degli altri, con la bellezza spesso invisibile, ma che è reale e tangibile nei ricordi di chi ha vissuto anni, anche decenni, in luoghi fino a pochi istanti prima a me del tutto sconosciuti.

Sembra quasi di violarne l’intimità.

Ma molto spesso è già stata svenduta o del tutto vanificata dal passo ingombrante dei turisti. Quindi un’intimità persa e svanita da tempo, difficilmente recuperabile. Un’intimità non più diffusa, sempre più spesso chiusa a doppia mandata, tanto da essere relegata in zone a vocazione prettamente residenziale, quasi ci si dovesse munire di uno speciale pass per circolarci.

E quindi, come posso pensare a 55 anni suonati, di trovare un mio spazio vitale in strade in cui la stratificazione e commistione di odori è  diventata eccessiva o dove non si trova il modo per entrare nei tappeti di scatolette abitative srotolati qua e là?

Sembra un problema di difficile soluzione.

La domanda quindi è: le bellezze degli altri, o almeno una parte, potranno mai diventare la mia?

Una buona domanda a cui proverò a  dare risposta nei prossimi mesi estivi, armandomi di forza e coraggio per dare il via ad una ricerca capillare di fragranze, forme e sapori che possano diventare culla degli anni a venire, morbida alcova della piena maturità. 

Mio marito Roland, acuto lasciapassare per il difficile e spesso incomprensibile mondo teutonico, sarà al mio fianco in questa ardua impresa. Partiremo dal nostro primo rifugio, trovato con grande difficoltà, durante la pandemia, alle porte di Berlino, nel piccolissimo comune di Wildau a sud di quello che fu l’aeroporto di Schöneberg ora spostato e allargato in terra brandeburghese.

Ci siamo arrivati mio malgrado. 

Ho scalpitato, ho ruggito, ho graffiato mentre vedevo togliermi da sotto il naso un posto che avevo sentito familiare sin dai primi passi nel suo bellissimo Kurpark. Un posto della profonda provincia fráncone in cui sembra esserci poco, ma che ha una intrinseca armonia fatta di tanto verde che dai dolci pendii collinari degrada in una spaziosa vallata nata dalla confluenza di un piccolissimo corso d’acqua, il Wachbach, nella Tauber, un fiume abbastanza modesto che a Wertheim si getta nel Meno. 

mappa di Bad Mergentheim

vallata di Bad Mergentheim: vista da est

Tauber

in giro per Bad Mergentheim

Kurpark

Sin dall’arrivo a Bad Mergentheim, nome quasi impossibile da pronunciare e figuriamoci ricordare per un italiano poco avvezzo alla "mutina" di fanciullesca memoria, la bellezza degli altri è diventata anche la mia. 

Ho subito amato le statue  disseminate nel parco, mai fisse, ma intercambiabili e rinnovabili, la pace dello Schlosspark, la genuinità delle vie lungo le quali si affacciano colorati edifici a graticcio e, perchè no, l‘atmosfera di perenne vacanza che ti avvolge passando davanti ai tavolini della strepitosa gelateria italiana davanti al castello da fiaba, dove usano trovare ristoro i ciclisti che percorrono la Romantische Strasse.

Il mio “anda e rianda”di sette anni tra Italia e Germania mi ha fatto capire  due delle profonde differenze tra l’Italia e la Germania: in Germania si può  mangiare a qualsiasi ora senza distinzione tra colazione, pranzo e cena e, ovviamente di gran lunga più importante, nei due paesi il peso di un corso d’acqua nel territorio è del tutto differente.

Ovviamente tralascerò gelati e gastronomia e mi soffermerò  solo sul secondo punto.

In Italia si vive circondati dall’acqua, da un bellissimo mare con diversissime declinazioni da nord a sud, da est a ovest, con peculiarità inimmaginabili nelle isole maggiori e minori; al contrario, i fiumi spesso non hanno alcun peso nel territorio, caratterizzano marginalmente città e paesi, raramente sono navigabili e questo fa la vera differenza. In Italia abbiamo corsi d’acqua che in Germania fanno sorridere per la loro esiguità rispetto a vere e proprie autostrade come Danubio, Reno, Elba e Meno.

In Germania si vive intrecciati all’acqua. Le città sono di fondovalle ed hanno uno stretto contatto con il fiume da cui sono partorite. Città e fiume sono indissolubilmente legati e spesso l’acqua ha anche più peso dell’ambiente costruito, crea una fitta rete di legami tra città e paesi sia per il commercio che per il turismo.

Lasciando a malincuore l’armoniosa vallata di Bad Mergentheim speravo di ritrovare nell’acqua di Berlino, che è dappertutto, ovunque, in forma di fiume e di laghi che si rincorrono uno dopo l’altro, uno speciale balsamo che curasse il dolore del distacco.

La ricerca della casa berlinese l’ho quindi subito dirottata verso quei quartieri e quelle municipalità che fossero più a stretto contatto con l’acqua.

E dopo aver vagliato per mesi e mesi annunci immobiliari di ogni tipo, dopo aver scritto insieme a Roland le più diverse lettere di presentazione e aver collezionato rifiuti su rifiuti, per non poter presenziare alle tanto comuni visite di gruppo, nonostante la pandemia in corso, la “colonia penale” di  Wildau è rimasta l’unica possibilità praticabile.