la Berlino che non vorrei
la Berlino che non vorrei
Durante la sua infanzia e, fin anche a giovinezza inoltrata, Stella ha spesso sentito o addirittura pronunciato l'incipit “ gli/le…si dividono in…” per rispondere a non si sa quante domande, soprattutto in ambito scolastico.
Una dichiarazione rassicurante, la suddivisione in categorie, spesso anche solo due, che crea una zona confortevole in cui ci si sente protetti e non più vulnerabili.
Operazioni semplici, un modo netto di frazionare e posizionare divisioni e paletti tra le cose, mettono al sicuro da tante possibili fragilità. La matematica sembra non piacere ai più ma spesso se ne fa uso per scopi tra i meno edificanti, conti della serva su tutto.
A Stella pare proprio che a Berlino ragionamenti così semplici funzionino poco, visto che si trova quotidianamente di fronte a non si sa quante categorie e gruppi.
Infatti, nonostante abbia più volte provato, mai è riuscita a organizzare in modo semplice e addirittura univoco le sue continue scoperte.
La pluralità non le ha dato la possibilità di creare categorie, nonostante in molte zone di Berlino la questione identitaria si faccia da anni pressante.
Stella nota quanto sia evidente nel tessuto di Mitte, Prenzlauer Berg e Friedrichshain, tre Ortsteile confinanti posizionati nella fascia centrale della città, un tempo nella Berlino Est, la preponderanza di segmento sociale molto definito.
Non è un caso che fossero tutti distretti all’interno della cortina di ferro.
Costituiscono quel particolare tessuto urbano che, all’indomani della caduta del muro, è diventato un vero e proprio laboratorio di riqualificazione. Operazione ovviamente in un’ottica del tutto occidentale.
Ma ci sono sottili differenze, ormai consolidate, tra le tre diverse realtà.
Mitte, che rappresenta la Berlino istituzionale, fino al 1989 era il centro della Berlino Est: i palazzi del potere e quelli residenziali connotavano la forza del regime sovietico.
Oggi è ancora il centro politico e amministrativo di Berlino, ma alle tracce del periodo russo si sono aggiunte e, a volte, sovrapposte, una miriade di segni del nuovo potere, quello economico. Ogni grande azienda del mondo globale, ha qui, come in ogni altra grande città/metropoli/megalopoli mondiale, un palazzo simbolo. Sembrano tutti contenitori uguali, acciaio, cemento armato e vetro, a cui è apposta solo “la firma aziendale" che li distingue l'uno dall'altro. Ma quando il progetto viene assegnato ad un “archistar” della stazza di Rem Koolhaas, come nel caso della nuova sede della Axel-Springer in Karl-Marx-Allèe, le cose cambiano. E molto.
Lo spazio viene riempito da carisma allo stato puro: l'architettura, nel fondersi con lo spazio intorno, ne diventa emergenza. E si nota, quanto si nota.
Una gemma in mezzo a scatoloni pieni di uffici, perlopiù di rappresentanza.
In tal senso non sono da dimenticare le ambasciate, ovviamente le tre principali: Stati Uniti, Francia, Regno Unito, tutte a ridosso della Porta di Brandeburgo.
Ma neanche i grandi hotel di rappresentanza.
Tutto questo, prestigio, potere, forza economica, si respira in ogni angolo di Mitte, anche nella maestosità delle “cattedrali” della cultura e dell’arte che riempiono l’isola dei Musei.
Prenzlauer Berg si estende a Nord-Est di Mitte. Ha attraversato il regime conservando la bellezza di quartiere bohemien dei primi del Novecento.
Camminando nei vari Kieze che la compongono, Stella si riempie gli occhi della ricchezza compositiva delle facciate dei palazzi che si rincorrono superandoli in bellezza e percepisce ancora il fascino degli artisti, poeti, pittori che vi abitavano.
Dopo la caduta del muro gli acquisti di immobili sono andati alle stelle. Ora invece i prezzi sono alle stelle.
È per questo che appartamenti, ovviamente da ristrutturare, in palazzi prestigiosi, si sono potuti comprare a prezzi ridicoli e si è potuto ricostituire un nuovo tessuto sociale fatto di persone che negli anni ‘90 erano in procinto di crearsi una famiglia. Ragazzi appena laureati, giovani professionisti, giovani insegnanti, che ora sono genitori di trentenni a loro volta in fase di riproduzione che costituiscono la quota maggiore degli abitanti del distretto. Una massa cospicua di radical chic.
Un’operazione simile, ma forse leggermente in ritardo rispetto alla precedente, si è attuata a Friedrichshain. La differenza è il punto di partenza.
Friedrichshain infatti, come la prospiciente Kreuzberg, che è stata sempre territorio dell’Ovest, viene lambita dalla Sprea. E la presenza di un fiume o di un canale segna profondamente il futuro di un luogo. In epoca di rivoluzione industriale le sponde della Sprea diventano infatti il polo manifatturiero, e produttivo in genere, di Berlino: vengono costruite fabbriche nella parte orientale del corso d’acqua, da Jannowitzbrücke fino Köpenick, dove la Dahme confluisce nella Sprea.
A Mitte, Friedrichshain e Kreuzberg ci sono tantissimi edifici industriali caratterizzati da una bellissima apparecchiatura muraria in laterizio rosso scuro e innumerevoli ciminiere. E Stella adora quelle architetture, per lei sono l’essenza di Berlino. Ma ognuno ha le proprie convinzioni, e le sue non sono certo le stesse dei ragazzi che, nonostante il ricambio generazionale, si trovano ancora in fila per ore ed ore fuori dalle fabbriche che ospitano club techno.
Ma questa è un’altra storia.
Dopo la caduta del muro, Friedrichshain si è trovata a gestire il suo tessuto urbanistico non molto accattivante, offrendo un ottimo bacino per il flusso di expat, e non solo, alla ricerca di appartamenti centrali a buon mercato, probabilmente anche a prezzi più bassi rispetto a quelli di Prenzlauer Berg.
Ma con il passare degli anni anche Friedrichshain sì è piegata alla gentrificazione.
In questo modo molti Kieze sono stati letteralmente invasi dalla stessa tipologia di famiglie e questo si vede nei servizi che spiccano tra un palazzo e l’altro, scuole elementari, Grundschule, e strutture per l’infanzia, Kita.
Un'operazione in cui i paletti hanno vinto sulla mescolanza di idee, sulla cooperazione tra diverse realtà, sulla coesistenza di differenti comunità nello stesso territorio.
Mitte, Prenzlauer Berg, Friedrichshain sono rispettivamente degli zoo per chi amministra il potere economico, per chi vuole coglierne il privilegio riprendendo il glamour della Belle Epoque e per chi ha il privilegio della cultura e, in modo politicamente corretto, la brandisce come arma.
Questa è la città che Stella non vorrebbe, la Berlino che non vorrebbe.